Antonello Matarazzo
"BUG"
a cura di Domenico Maria Papa — 15 dicembre, 2019
Al disgusto è associata quella parte importante del vivente che sono gli insetti. Proviamo disgusto verso la maggior parte di essi, soprattutto quelli atavicamente associati a quelle condizioni, il cui contatto rappresenta un pericolo per la salute.
Il disgusto, in arte, è stato spesso utilizzato con l’intento di spingere ai limiti la sensazione estetica e ciò è avvenuto nel corso del tempo in fasi di maturità dei linguaggi artistici: manierismo, barocco, neoavanguardie, postmoderno ecc.
Antonello Matarazzo nella sua ultima ricerca, attraverso fotografia e video, esplora il rapporto tra ritratto e insetti, ma l’obiettivo dell’artista non è quello di sollecitare una facile reazione.
Nelle immagini di Matarazzo, c’è una contrapposizione ben rimarcata tra l’individuo ritratto, riconoscibile nella sua fisionomia e l’astrazione della forma animale dell’insetto.
È questa una prima chiave di lettura che costringe la nostra attenzione a riconsiderare proprio il principio di individuazione del ritratto. È come se l’artista, grazie all’assoluta identicità e perfezione astratta degli insetti rappresentati, affermasse quanto invece i volti siano singolari. Come cioè appartengano proprio a quella persona ritratta.
Il raffinato gioco di Antonello Matarazzo si svolge, dunque, sull’ambiguità di quanto potrebbe essere, grazie a un eccesso di verisimiglianza propria una tecnica illusionistica e quanto invece con l’arte rimane autentico senza essere vero.
Usiamo l’arte, ci ricorda l’artista, per tenere a distanza la verità, anche quella dell’artificio. Perché di troppa verità l’arte muore.
Se riusciamo, dunque, a sostenere lo sguardo della giovane donna sul cui volto passeggiano degli insetti, se non ce ne allontaniamo disgustati, è perché sappiamo che quel che vediamo non è artificio illusionistico, ma è arte. E che all’arte non chiediamo mai la verità.
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